
Robert Mapplethorpe. Nasce nel Queens lunedì 4 novembre del 1946. La famiglia è cattolica osservante di origini irlandesi, Robert è il terzo di sei fratelli. Cresce a Floral Park, a Long Island. A soli 16 anni, nel 1963, è sorpreso mentre tenta di rubare da un negozio di Times Square un giornaletto pornografico gay che è troppo giovane per poter comperare. Parlando di quella esperienza spiegherà che ne era ossessionato: “Erano sigillati, il che li rendeva anche più sexy; perché non li potevi vedere” e ancora “Pensavo che se avessi potuto in qualche modo renderli arte, se avessi potuto mantenere quella sensazione, avrei creato qualcosa di unicamente mio”. Nel 1963 si iscrive al Pratt Institute di Brooklin, frequentato già del padre ingegnere e fotoamatore. Si iscrive inizialmente al corso per pubblicitario. Si iscrive anche alla associazione paramilitare “National Honor Society of Pershing Rifles”, di cui aveva fatto parte anche il padre. L'associazione è legata al programma del Reserve Officers Training Corps (ROTC), il programma di formazione per ufficiali delle forze armate attivo in numerosi istituti scolastici. Sono gli anni in cui ostenta un machismo di maniera nel tentativo di rifiutare le sue inclinazioni omosessuali. Sono, quelli fra il '63 e il '69, anni particolari per gli Stati Uniti, il vietnam, le rivolte studentesche, i movimenti di liberazione delle donne e degli omosessuali stanno cambiando rapidamente la società. Il giovane Robert stringe amicizia con gli studenti del corso di arte e sospende gli studi. Inizia a consumare droghe: marihuana, LSD, speed. Consumo che durerà per tutta la sua vita. Nella primavera del 1967 conosce Patti Smith, all'epoca una giovane ragazza spiantata appena arrivata a New York, con la ferrea intenzione di diventare una poetessa, e se ne innamora. Va a vivere con Patti prima in un appartamento in Hall Street, e successivamente al Chelsea Hotel. I due condivideranno la stanza dell'albergo per alcuni anni, prima come amanti, poi come semplici amici. Il rapporto intimo con Patti è uno dei più importanti per Robert, che la fotograferà spesso negli anni fra il 1970 e il 1973. E’ di Mapplethorpe la celebre copertina dell’album di Patti Smith Horses Riprende gli studi, più per attingere ad un prestito per studenti che per altre ragioni, e si iscrive ad arti grafiche ma nel 1970 abbandona il Pratt Institute definitivamente senza aver completato gli studi. Dal 1970, inizia ad utilizzare immagini fatte con una Polaroid. L'idea è quella di risparmiare tempo e denaro utilizzando immagini prodotte espressamente invece di dover cercare quella più idonea nelle riviste. I lavori in polaroid saranno dimenticati negli anni del grande successo per essere poi riscoperti dopo la sua morte. Esiste, forse, un punto nodale nella vita di Mapplethorpe che segna definitivamente il suo interesse per la fotografia, lo riporta Patti Smith nel suo libro “Just Kids” : “John (McKendry) aveva accesso alle camere blindate che che custodivano l'intera collezione fotografica del museo (il MOMA), in gran parte mai esposta al pubblico. Avere il permesso di sollevare la velina dalle fotografie, di toccarle, e farsi un'idea della carta e della mano dell'artista fece un'enorme impressione su Robert; studiò tutto con la massima attenzione – la carta, lo sviluppo, la composizione e l'intensità dei neri. “È tutta questione di luce,” disse.
Nelle sue prime immagini polaroid, Mapplethorpe tende apparentemente a tralasciare le raffinatezze tecniche che lo renderanno famoso. Nel 1970 inizia la sua prima relazione omosessuale seria con David Crowland. Un modello del New Jersey che lo presenterà al suo primo benefattore, Il curatore della sezione fotografica del MOMA John McKendry. Ma la svolta è del 1972, quando conosce e diventa l'amante di Sam Wagstaff, che avrà una parte importante nel far conoscere il lavoro di Mapplethorpe. È grazie a lui infatti che Robert ottiene finalmente l'accesso agli ambienti della buona società e una certa stabilità economica. Nell'ottobre del 1972 Robert lascia l'appartamento della 23^ strada che aveva condiviso con Patti Smith per andare a vivere nel loft di Bond Street comperato con i soldi di Sam Wagstaff. Il rapporto com Wagstaff sarà duraturo e i due rimarranno insieme come amanti fino alla morte di Sam per AIDS. Nel 1973 la prima mostra personale, “Polaroids”,presso la Light Gallery di New York. Sempre nel 1973 Robert acquista una Graflex 4x5 pollici con dorso Polaroid È sempre Sam Wagstaff che regala a Robert la prima Hasselblad, nel 1975. La nuova macchina consente a Mapplethorpe il controllo della scena che stava cercando. E’ con l’Hasselbald che produce le centinaia di capolavori che lo renderanno famoso, prima il controverso “The X portfolio”, una serie di fotografie sadomaso poi gli innumerevoli ritratti di personaggi famosi, di Lisa Lyon e infine le nature morte. Non contento delle qualità formali ottenute con il medio formato e il sapiente uso della luce, Robert stampa le sue foto in grandi formati e con tecniche raffinate e costose stampa al platino e le inserisce in inserti che completano l'effetto di grande lusso. Mapplethorpe muore di AIDS il 9 marzo 1989, ancora una volta non ci sono parole migliori per ricordarlo di quelle che gli dedica la sua amica di sempre, Patti Smith: “Ci salutammo e lasciai la stanza. Qualcosa mi spinse a tornare indietro. Era scivolato in un sonno leggero. Restai a guardarlo. Così sereno, come un bambino vecchissimo. Aprì gli occhi e mi sorrise. “Sei già tornata?” Poi si riaddormentò. L'ultima immagine di lui fu come la prima. Un giovane che dormiva ammantato di luce, che riapriva gli occhi col sorriso di chi aveva riconosciuto colei che mai gli era stata sconosciuta”. Tratto da Just Kids. Come accade ai grandi maestri della storia dell'arte la sua importanza continua a crescere negli anni successivi alla sua morte. La Fondazione Robert Mapplethorpe si occupa di gestire il suo patrimonio e di promuovere la fotografia e la lotta contro l'AIDS. La serie di esibizioni dei suoi lavori ne accresce la notorietà, e il suo modo di fare fotografia è quello che maggiormente influenza le generazioni di fotografi dagli anni novanta in poi. Di tutte le sue mostre deve essere assolutamente citata La perfezione nella Forma che si tenne a Firenze nel 2009, e dove i lavori di Mapplethorpe furono accostati ai capolavori di Michelangelo ed esposti nel luogo più adatto, la Galleria dell'accademia di Firenze.

Si è laureato a Venezia in storia moderna con una tesi sull'epoca delle grandi scoperte geografiche. Dall'inizio degli anni Novanta ha legato la propria ricerca al tema del viaggio, realizzando progetti a colori e in bianconero sulle città di notte e i paesaggi selvaggi. I suoi lavori principali sono dedicati a Venezia, Il Cairo, i paesaggi di montagna della Grande Guerra, New York e Chicago. Come ha scritto W. Guadagnini: "... le sue fotografie slittano ben presto in un'altra dimensione, che è quella dell'immaginario. Un immaginario che davanti allo spettacolo naturale cerca non un Altro da sé, né la conferma delle proprie certezze, ma i modi per rendere visibile la dismisura dell'emozione".

Luca Andreoni inizia a fotografare negli anni ottanta, compiendo un isolato percorso di formazione fortemente influenzato dalla fotografia di paesaggio americana, quella di Robert Adams, Lewis Baltz, Stephen Shore. Nel 1995 prende parte al progetto della Provincia di Milano “Archivio dello Spazio”, ampia indagine fotografica sul paesaggio contemporaneo a cui partecipa nuovamente nel 1997 insieme ad Antonio Fortugno. Iniziata già dal 1994, la collaborazione con Fortugno dà vita a un solido e duraturo duo artistico che prosegue attivamente fino al 2006, portando alla realizzazione di numerosi importanti lavori e a ricerche che ancora oggi sono al centro dell’interesse del fotografo. Le sue opere sono state presentate in occasione di numerose mostre personali e collettive. Tra le più importanti Da Guarene all’Etna, nelle diverse edizioni allestite alla ex Chiesa del Carmine di Taormina, 1999, al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, 2002, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, 2003 e 2009; L’idea di paesaggio nella fotografia italiana dal 1850 ad oggi alla Galleria Civica di Modena, 2003; Landscape as a Metaphor presso la Ursula Blickle Stiftung di Kraichtal, in Germania; La dolce crisi a Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea di Passariano (UD); The Pantagruel Syndrome, per T1-Torinotriennale tremusei, 2005; Deutsche Bank Collection alla Deutsche Bank di Milano, 2007; Fatto bene! al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, 2008; Terzo Paesaggio alla GAM di Gallarate (VA), 2009. A fianco dell’attività fotografica, Andreoni è da molti anni impegnato nel campo dell’insegnamento: dal 1990 insegna Fotografia presso la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università Cattolica di Milano, dal 2007 è inoltre docente di Storia della Fotografia presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Ha inotre tenuto numerosi workshop.
Immagini silenziose che contrastano con il clamore dei soggetti, uno spazio fotografico che riflette il desiderio di ricercare nel rumore un luogo di silenzio dove contemplare, lo straniamento tipico della civiltà contemporanea e dove i comportamenti sociali seguono le medesime direzioni e i codici di comportamento hanno regole ben precise. Il punto di vista di Massimo Vitali è sempre un po’ in alto, come a voler prendere le distanze in modo da allontarsi, ma non più di tanto, dalla realtà che sta osservando, per potere vedere meglio, leggere nitidamente i dettagli e le vite anonime delle persone che affollano l’obiettivo, una sorta di indagine sociologica e antropologica della massa intesa come gruppo eterogeo di individui che si muovono nella stessa direzione. La fotografia diventa cosi una storicizzazione del luogo, un documento a cui far riferimento come oggetto da studiare per comprendere i comportamenti sociali, una fotografia che nasconde storie complesse che va osservata lentamente, da scandagliare in profondità per leggere le piccole storie che si affollano all’interno di una cornice che non esiste, un mondo stratificato da sfogliare e riguardare con occhio curioso, un labirinto di piccoli oggettti anonimi che prendono forma e raccontano tante piccole storie, micro eventi che variano cambiando appena appena il punto di vista. Ed è proprio nella ripetizione che Massimo Vitali trova la cifra del proprio lavoro, nel costruire attraverso gli stessi gesti delle pagine che apparentemente sembrano tutte uguali utilizzando la fotografia come mezzo per riprodurre una realtà che si muove identica per tutti senza lasciare nessuna traccia.

Il reportage sul mondo del circo Il Cerchio magico scelto da LEICA International per l’edizione 1998 del Photokina di Colonia, ha vinto il primo premio nella categoria “Arte” del World Press Photo 1999, ed il primo premio nella selezione italiana del concorso Fuji Film Euro Press Photo Awards 1999.
Nel 2001 ha avuto assegnato il memorial “Osvaldo Buzzi”. Ha partecipato a vari progetti, e relativi cataloghi, collettivi: 24 ore nel Cyberspazio (ritraendo la biblioteca vaticana) - Roma e il Giubileo - Etna e il suo territorio - La consapevolezza di un valore (reportage sul lavoro pubblico in Italia commissionato dal Ministero della Funzione Pubblica) - 24 ore nella Vita della Chiesa Cattolica – Telethon 2005 in collaborazione con BNL - e l’intervento Extra-ordinario (sul quartiere di librino a Catania) curato da Antonio Presti. Ha tenuto numerose mostre personali: Incontri Internazionali di Fotografia di Arles, Galleria LEICA-Polyphoto di Milano, Settima biennale fotografia di Torino, Incontri Internazionali di Fotografia di Alberobello, Galleria EOS di Milano, Galleria del Credito Valtellinese di Firenze, Museo del Folclore di Roma, Casa Museo Stesicorea di Catania, Libreria Cavallotto di Catania. Le sue fotografie sono apparse sulle migliori riviste e giornali internazionali, tra cui: New York Times Magazine, Time, Newsweek, El Pais, Blanco y Negro, Die Zeit, Mediterranee, Travel Leisure, Geo (Germania e Giappone), Le Figaro Magazine, The NewYorker, Merian, “D”di Repubblica, US News. Da qualche anno, all’attività di fotoreportage ha affiancato quella di insegnante di fotografia e di fotografo pubblicitario firmando numerose campagne per aziende come Lavazza, IGP, Kodak, ENI, Comune di Roma, ATAC/Roma, Aeroporti di Milano, BAT Italia, Regione Lombardia, Alfa Romeo, BNL e per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Marco Signorini nasce a Bagno a Ripoli nel 1962, vive a Firenze. Fotografo e docente di corsi di fotografia. Ha esposto per la Fondazione Sandretto Re ReBaudengo (Passaggi, 1996). In seguito è invitato da Roberta Valtorta per il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (Idea di Metropoli, 2002) e sue opere entrano nella collezione permanente del museo. Per Linea di Confine di Rubiera (Mother Way, 2001 e Luoghi della cura, 2005) è presente alla rassegna internazionale Le bâti, le vivant (Le Havre) e alla collettiva Trans Emilia esponendo al Fotomuseum di Winterthur, al SK Stiftung Kultur di Colonia. Nel 2007 pubblica il libro Echo, edito da Damiani, Bologna. Sempre con Damiani è in uscita il nuovo libro Earth-Heart (settembre 2011).

Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 22 agosto 1908 – L'Isle-sur-la-Sorgue, 3 agosto 2004) è stato un fotografo francese, da molti considerato «il padre del fotogiornalismo». Dopo gli studi giovanili, Henri fu presto attratto dalla pittura, grazie allo zio Louis, e comincerà i suoi studi con Jaques-Emile Blanche e André Lhote, che lo inizieranno all'ambiente dei surrealisti francesi, inizialmente disinteressato alla fotografia. Ancora nel 1930, durante il suo primo viaggio in Costa d'Avorio, non è ancora interessato alla fotografia, anche se è già munito di una macchina fotografica. Solamente nel 1931, al ritorno da quel viaggio, scatta in lui l'interesse alla continua ricerca di immortalare la realtà. È lo stesso Cartier-Bresson che ci racconta come fu una fotografia di Martin Munkacsi a convincerlo che «è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l'obiettivo». Fu così che nel 1932 comprò la sua prima macchina fotografica, una Leica 35 mm con lente 50 mm che l'accompagnerà per molti anni. Nel 1931 lavora nel cinema come assistente del regista francese Jean Renoir e, nel 1937, firma personalmente il film Return to life. Intanto, nel 1934, conosce David Szymin, un fotografo e intellettuale polacco, che più tardi cambierà nome in David Seymour (1911–1956). Diventano subito ottimi amici, hanno molto in comune culturalmente. Sarà Szymin a presentare al giovane Bresson un fotografo ungherese, Endré Friedmann, che verrà poi ricordato col nome di Robert Capa. Durante la Seconda guerra mondiale, Cartier-Bresson entra nella resistenza francese, continuando a svolgere costantemente la sua attività fotografica. Finita la guerra, ritorna al cinema e dirige il film Le Retour, documentario sul ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra "postuma", credendolo morto in guerra: si mette in contatto con il museo e dedica oltre un anno alla preparazione dell'esposizione, inaugurata il 1947. Negli anni successivi è negli Stati Uniti, dove fotografa per Harper's Bazaar. Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa Agenzia Magnum. Inizierà innumerevoli viaggi in cui farà molteplici reportage che gli daranno fama mondiale. La fotografia porta Henri in molti angoli del pianeta: Cina, Messico, Canada, Stati Uniti, Cuba, India, Giappone, Unione Sovietica e molti altri paesi. Cartier-Bresson divenne il primo fotografo occidentale che fotografava liberamente nell'Unione Sovietica del dopo-guerra {senza fonte}. Nel 1968, Henri Cartier-Bresson inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica per dedicarsi al suo primo amore artistico: la pittura, dichiarando: «In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l'unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà». Con l'unica eccezione dei ritratti. Continuerà infatti a dedicarsi ai ritratti fotografici almeno fin al 1980, anno in cui fotografa Hortense Cartier-Bresson. Nel 1979 viene organizzata a New York una mostra tributo al genio del fotogiornalismo e del reportage. Nel 2000, assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia Mélanie crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti; nel 2002 la Fondazione viene riconosciuta dallo stato francese come ente di pubblica utilità. Muore a Céreste, (Alpes-de-Haute-Provence, Francia) il 3 agosto 2004, all'età di 95 anni. Nella sua carriera ha anche ritratto personalità importanti in tutti i campi; Balthus, Albert Camus, Truman Capote, Coco Chanel, Marcel Duchamp, William Faulkner, Mahatma Gandhi, John Huston, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Robert Oppenheimer, Ezra Pound, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky. Dalla morte di Cartier-Bresson, per evitare sfruttamenti commerciali slegati dal valore artistico delle opere, la Fondazione non autorizza più alcuna stampa di fotografie del maestro, offrendo però un servizio di autenticazione di eventuali stampe in circolazione in gallerie o antiquari. In una lettera datata 30 ottobre 2000, per evitare il commercio di stampe o lo smercio di copie sottratte, lo stesso fotografo dichiarava: «Io sottoscritto Henri Cartier-Bresson, domiciliato al 198 di rue de Rivoli, Parigi, dichiaro quanto segue. Ho sempre firmato e dedicato le stampe di mie fotografie a coloro ai quali intendevo donarle; tutte le altre stampe che recano solamente timbri o etichette Magnum Photos o il mio nome, Henri Cartier-Bresson, sono di mia proprietà. Tutti coloro che detenessero queste stampe non potranno invocare la buona fede». In linea con lo spirito che scaturisce da questo scritto, nel 1985 fece dono al Comune di Tricarico, città natale del poeta Rocco Scotellaro, di 26 fotografie che oggi costituiscono il primo e fondamentale nucleo di opere che saranno esposte nel museo delle arti figurative di quella cittadina.
Franco Fontana (Modena, 9 dicembre 1933) è un fotografo e scrittore italiano. Comincia a fotografare nel 1961 - frequentatore dei "Fotoclub", si dedica prevalentemente a un'attività amatoriale, anche se svolge ricerche estetiche su diversi temi. Nel 1963 espone alla Terza Biennale Internazionale del Colore a Vienna; l'anno dopo, Popular Photography gli pubblica, per la prima volta, un portfolio con testo di Piero Racanicchi. Tiene le prime esposizioni personali nel 1965 a Torino (Società Fotografica Subalpina) e nel 1968 a Modena (Galleria della Sala di Cultura). L'esposizione nella città natale segna una svolta nella sua ricerca. La sua complessa attività e il rilievo internazionale della sua produzione possono essere compendiati in alcune cifre. Gli sono stati dedicati oltre 40 libri, pubblicati da editori italiani, francesi, tedeschi, svizzeri, spagnoli, americani e giapponesi; ha esposto in musei pubblici e gallerie private di tutto il mondo - oltre 400 sono le mostre personali e di gruppo che ha finora tenuto. Sue opere figurano in importanti collezioni pubbliche - International Museum of Photography, Rochester; Museum of Modern Art, New York; Museum of Fine Arts, San Francisco; Museum Ludwig, Colonia; Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris; Victoria and Albert Museum, Londra; Stedelijk Museum, Amsterdam; Kunsthaus di Zurigo; Galleria civica d'arte moderna e contemporanea, Torino; The Photographic Museum, Helsinki; Puskin State Museum of Fine Arts, Mosca; The University of Texas, Austin; Museum of Modern Art, Norman, Oklahoma; Museo d'Arte di San Paolo; Israel Museum, Gerusalemme; Metropolitan Museum, Tokyo; National Gallery di Pechino; The Australian National Gallery, Melbourne; The Art Gallery of New South Wales, Sidney - e private. Ha ottenuto importanti riconoscimenti e premi, in Italia e all'estero. Ha collaborato e collabora con riviste e quotidiani: Time-Life, Vogue Usa, Vogue France, Il Venerdì di Repubblica, Sette, Panorama, Epoca, Class, Frankfurten Allgemeine, New York Times. Tra le tante campagne pubblicitarie da lui firmate, vanno almeno ricordate quelle per: Fiat, Volkswagen, Ferrovie dello Stato, Snam, Sony, Volvo, Versace, Canon, Kodak, Robe di Kappa. Ha tenuto workshop e conferenze all'estero (Guggenheim Museum, New York; Institute of Technology, Tokyo; Accademia di Bruxelles; Università di Toronto; Parigi; Arles; Rockport; Barcellona; Taipei) e in numerose città italiane (tra le tante: Torino, Politecnico; Roma) e ha collaborato con il Centre Georges Pompidou, e con i Ministeri della Cultura di Francia e del Giappone. È direttore artistico del Toscana FotoFestival. Nel 2006 ha ricevuto la laurea honoris causa in design dal Politecnico di Torino.
Ansel Easton Adams (San Francisco, 20 febbraio 1902 – Carmel-by-the-Sea, 22 aprile 1984) è stato un fotografo statunitense. È noto per le sue fotografie in bianco e nero di paesaggi dei parchi nazionali americani e come autore di numerosi libri di fotografia, tra cui la trilogia di manuali di tecnica, The Camera, The Negative e The Print. È stato tra i fondatori dell'associazione Gruppo f/64 insieme ad altri maestri come Edward Weston, Willard Van Dyke e Imogen Cunningham. Nasce a San Francisco in una zona vicina al Golden Gate Bridge, unico figlio di Charles Hitchcock Adams, un imprenditore di successo che possedeva una compagnia di assicurazioni ed una fabbrica di prodotti chimici, e Olive Bray. All'età di 4 anni, in seguito al terremoto del 1906, cade e si frattura il naso, che gli resterà deforme per tutta la vita. Non ama gli studi scolastici e nel 1914, a dodici anni, inizia a studiare pianoforte per abbandonarlo poi all'età di vent'anni circa.
Nel 1916, all'età di 14 anni, durante una vacanza con la sua famiglia allo Yosemite National Park, gli viene regalata la sua prima macchina fotografica, una Kodak Brownie. La natura e la fotografia saranno da allora legate per sempre alla sua vita. La passione ambientalista traspare, peraltro, in tutte le sue opere. Nel 1919 si iscrive al "Sierra Club", una delle più antiche ed importanti organizzazioni ambientaliste americane. Poco tempo prima era guarito dall'influenza chiamata spagnola, che uccise cinquanta milioni di persone in tutto il mondo. Nel 1927 partecipa alla gita annuale del Club, nota come High Trip. In quell'anno pubblica il suo primo portfolio: Parmelian Prints of the High Sierra finanziato da Albert Bender conosciuto l'anno prima a Berkeley. Guadagnerà circa 4000 dollari. Nel 1928 diviene fotografo ufficiale del Sierra Club, ma non lascia la sua passione ambientalista e si dedica anche ad accompagnare le persone che partecipano alle escursioni, che a volte durano settimane, come assistente del direttore di gita. Lo stesso anno sposa Virginia Best, figlia del proprietario del Best's Studio che verrà ereditato dalla figlia nel 1935 alla morte del padre. Lo studio è oggi noto come Ansel Adams Gallery. Nel 1932 fonda il Gruppo f/64 allo scopo di riunire alcuni fotografi aderenti alla cosiddetta straight photography: John Paul Edwards, Imogen Cunningham, Preston Holder, Consuelo Kanaga, Alma Lavenson, Sonya Noskowiak, Henry Swift, Willard Van Dyke, ed Edward Weston. Il nome rimandava alla minima apertura del diaframma dell'obiettivo che avrebbe consentito la massima profondità di campo e la maggiore accuratezza dei dettagli. Nel 1934 entra nel Consiglio di Amministrazione del Sierra Club e ne resterà membro, insieme alla moglie, per tutta la vita. È autore di molte prime scalate sulla Sierra Nevada. Le sue fotografie sono una testimonianza di quello che erano i parchi nazionali prima degli interventi umani e dei viaggi di massa. Il suo lavoro ha sponsorizzato molti degli scopi del Sierra Club ed ha portato alla luce le tematiche ambientali. Adams ha inventato il sistema zonale, una tecnica che permette ai fotografi di trasporre la luce che essi vedono in specifiche densità sul negativo e sulla carta, ottenendo così un controllo migliore sulle fotografie finite. È anche stato un pioniere dell'idea di "visualizzazione" della stampa finita basata sui valori di luce misurati nella scena che viene fotografata. Le fotografie nel libro a tiratura limitata Sierra Nevada: The John Muir Trail, insieme alla sua testimonianza, hanno contribuito ad assicurare la designazione del Sequoia and Kings Canyon come parco nazionale nel 1940. Prese a cuore la questione dell'internamento dei nippo-americani che seguì l'attacco di Pearl Harbor, tanto che gli venne permesso di visitare il Manzanar War Relocation Center nella Owens Valley, ai piedi del Monte Williamson. Il saggio fotografico fu dapprima esposto in una mostra in un museo d'arte moderna, e più tardi fu pubblicato col titolo Born Free and Equal: Photographs of the Loyal Japanese-Americans at Manzanar Relocation Center, Inyo County, California ("Nati liberi e uguali: fotografie dei leali nippo-americani al centro di dislocamento Manzanar, Contea di Inyo, California"). Fu il beneficiario di tre borse di studio Guggenheim durante la sua carriera.[1] Fu eletto nel 1966 membro dell'American Academy of Arts and Sciences. Nel 1980 il presidente Jimmy Carter lo insignì della medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile del suo Paese.
I diritti di pubblicazione per le fotografie di Adams sono detenuti dagli amministratori dell'Ansel Adams Publishing Rights Trust. Nel 1984, il "Minarets Wilderness" dell'Inyo National Forest venne ribattezzato "Ansel Adams Wilderness". Il Monte Ansel Adams, una cima di 3.584 metri nella Sierra Nevada, venne così ribattezzato nel 1986.
Jeanloup Sieff (Parigi, 30 novembre 1933 – Parigi, 20 settembre 2000) è stato un fotografo francese. Figlio di genitori polacchi, inizia la professione di fotografo come reporter, negli anni cinquanta, ed ottiene riconoscimenti per il servizio sugli scioperi nelle miniere del Borinage Belga.
Passato alla fotografia di moda, collabora con le prestigiose riviste dell'epoca. Nei primi anni sessanta si trasferisce a New York, qui svolge servizi che lo renderanno sempre più popolare e che vedono personaggi del calibro di Alfred Hitchcock posare per lui. Trascorre in questa città pochi anni per poi tornare a Parigi.
Il suo nome viene legato alla fotografia di nudo. Anche in questo campo artistico, come negli altri, Sieff fa molto uso dell'obiettivo grandangolare spinto che conferisce un'impronta unica ed inconfondibile al suo stile ironico e mai volgare. Attori, politici ed artisti hanno posato per lui. La luce morbida che illumina il viso, mentre il resto dei dettagli perde importanza, caratterizzano queste immagini. Tipica la vignettatura ottenuta in fase di stampa, procedimento che spesso il fotografo curava in prima persona. A completezza artistica vengono i paesaggi immortalati dall'autore, celebri quelli della Valle della Morte ripresi nel 1977. Sieff è stato un importante riferimento per moltissimi fotografi, la sua visione particolare attraverso il grandangolo ha influenzato l'approccio all'immagine di tanti artisti, specialmente a partire dagli anni settanta-ottanta. Nella famiglia Sieff la tradizione viene proseguita dalla moglie, Barbara Rix, e dalla figlia Sonia Sieff.
Maurizio Galimberti (Meda, 18 aprile 1956) è un fotografo italiano. Maurizio Galimberti nasce a Como nel 1956 e cresce a Meda. Studia da geometra e nei cantieri affina il punto di vista rigoroso con cui impressionerà il mondo. Sin da ragazzo partecipa a numerosi concorsi fotografici, vincendoli, addirittura con nomi diversi come quello della madre o della moglie. All’inizio usa la classica pellicola analogica lavorando molto con una fotocamera ad obbiettivo rotante widelux in bianco e nero e in diapo/cibachrome, poi nel 1983 inizia la sua passione-ossessione per la Polaroid. La sceglie per il semplice motivo che non sopportava l’attesa dello sviluppo per vedere il risultato del suo scatto e anche per una eterna paura del buio della camera oscura. Si accorge inoltre che la resa dei colori con la pellicola istantanea è semplicemente magica ed inizia un lungo percorso fino ad oggi di ricerca e di sperimentazione nell’uso di questo media. Nei primi anni novanta infatti, abbandona l’attività edilizia di famiglia e decide di dedicarsi solo alla fotografia. Nel 1991 inizia la collaborazione con Polaroid Italia della quale diventa ben presto il testimonial ufficiale e che ha come risultato il volume POLAROID PRO ART pubblicato nel 1995, vero oggetto di culto per gli appassionati di pellicola polaroid di tipo integrale. Il 1997 è l’anno che vede l’entrata nel mondo del collezionismo d’arte dei suoi mosaici di polaroid. Nello sviluppo di questa sua peculiare tecnica hanno grande influenza il futurismo di Boccioni e il movimento cinetico esasperato di Duchamp. Galimberti riesce in un istante a visualizzare una complessa scomposizione dell’immagine da ritrarre, matematica nel suo rigore e musicale nell’armonia d’insieme, che realizza di getto leggendo le note nella sua mente. Con la stessa tecnica diviene conosciuto per i suoi ritratti, sempre a mosaico. Arriva nel 1999 la nomina al primo posto nella classifica dei foto-ritrattisti italiani redatta dalla rivista Class. La popolarità e successo con cui vengono accolte queste inusuali rappresentazioni di volti lo portano a partecipare nel ruolo di ritrattista a numerose edizioni del Festival del Cinema di Venezia. In particolare, nell’edizione del festival del 2003, il suo ritratto di Johnny Depp sarà la copertina del Times Magazine inglese del 27 settembre dello stesso anno. La curiosità per la particolare tecnica da lui sviluppata ha suscitato l’interesse di numerose aziende leader in vari settori, tra le quali: Milan calcio (“Il Milan del centenario”) Fiat Auto (calendario 2006, libro “Viaggio in italia…nuova fiat 500″) Kerakoll (libro “NewYorkmatericomovimentosa”) Jaeger Lecoultre (libro “La grand maison”) Illy caffè (campagna istituzionale 2008) Nokia ( libro “telefoninotempoemozione”)Lancia Auto (ritratti alla 66a mostra del cinema di Venezia). Nel 2005 l’incontro con i Sig.ri Fumagalli, appassionati e collezionisti di arte contemporanea, ha permesso a Galimberti di iniziare la realizzazione di importanti volumi sulle città del mondo come New York, Venezia, Berlino. Inoltre nel 2007 viene fondato l’Archivio NordEst che raccoglie, numera e cataloga le sue opere al fine di valorizzarle e di tutelarne l’autenticità. Nell’ottobre 2009 in occasione della riapertura di Polaroid è invitato in veste di testimonial ufficiale alla fiera della fotografia di Hong Kong , di Las Vegas e al Tribeca Film Festival, realizzando portraits performance con Lady Gaga, Chuck Close e Robert de Niro. Nell’ Aprile del 2011, IMPOSSIBLE, nuovo brand produttore di instant film , gli ha dedicato un instant film b&w denominato ” IMPOSSIBLE MAURIZIO GALIMBERTI SPECIAL EDITION”. Galimberti è inoltre visiting professor alla Domus Academy e all’Istituto Italiano di fotografia di Milano. Tiene regolarmente workshop di fotografia creativa durante i principali festival fotografici. Le sue opere fanno parte delle più importanti collezioni di fotografia. Attualmente lavora ad un prestigioso volume sulla città di Milano in vista dell’Expo del 2015, ed a un progetto per la Fondazione Capri curato da Denis Curti.
VIDEO:
Maurizio Galimberti al lavoro con Polaroid.
Maurizio Galimberti interpreta Cesare Cremonini
Maurizio Galimberti all Mostra del Cinema 2009
Marco Anelli nato a Roma nel 1968, Marco Anelli inizia la sua carriera in Italia come fotoreporter di sport motoristici per poi collaborare a livello internazionale con l'agenzia Presse/Sport del giornale L' Equipe. Nel 1992 si trasferisce a Parigi dove si specializza nella fotografia in bianco e nero di cui approfondisce la tecnica di sviluppo e stampa. Tornato a Roma nel 1995 inizia una collaborazione con il Vaticano realizzando alcuni volumi fotografici tra cui L'Ombra e La Luce nella Basilica di San Pietro pubblicato nel 1998 (Silvana Editoriale); il lavoro è frutto di una ricerca fotografica durata due anni e svolta esclusivamente con luce naturale. Alla pubblicazione del libro segue una mostra itinerante da Milano a New York. Nel 1997 è invitato dall'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a ritrarre i grandi protagonisti delle stagioni concertistiche di musica classica. Da questo lavoro vengono realizzate varie mostre e pubblicazioni fra cui La Musica Immaginata (Federico Motta Editore). Le successive campagne fotografiche si incentrano sui lavori nei grandi cantieri fra cui la fiera di Milano e sui lavori di restauro della facciata della basilica di San Pietro. In questa occasione realizza insieme a Mimmo Jodice e Olivo Barbieri un reportage pubblicato in La Pietra e il Tempo (Silvana Editoriale). Tra i temi affrontati compaiono inoltre il calcio e i suoi protagonisti fotografati, nel corso di alcuni anni, durante il campionato di serie A. Il volume Il Calcio (Federico Motta Editore) che raccoglie gli scatti, riceverà diversi riconoscimenti tra i quali i premi Fuji e Canon. Nel 2000 ha inizio un lavoro di ricerca sui rapporti umani visti attraverso altri esseri viventi. Le immagini sono successivamente raccolte nel volume Di Te 2000 vincitore nel 2001 del premio " Memorial Mario Giacomelli". La stessa ricerca prosegue negli anni successivi dando vita ad un nuovo capitolo, Di Te 2004. Dal 2005 al 2008 è docente dell'Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 2007 ha inizio una ricerca fotografica in macro sul corpo umano. Il primo capitolo è dedicato alla pelle che viene rappresentata attraverso le cicatrici dell’ artista Marina Abramovic con la quale inizia a collaborare. In questo periodo le architetture tornano ad essere oggetto di ricerca; il progetto dal titolo TETRIS raffigura in maniera insolita, e attraverso immagini di forme astratte, il cemento dei grandi cantieri italiani. Nel 2010 si dedica ad un nuovo progetto fotografico al MoMA di New York dove per 75 giorni realizza 1545 ritratti fotografando ogni partecipante alla performance di Marina Abramovic “The Artist is Present”. Con All’Ombra del Duomo (Contrasto Editore) racconta dalle impalcature innalzate per il restauro della facciata il simbolo di Milano e la vita circostante. Gesti dell’Anima (Peliti Associati) è il suo ultimo libro fotografico che raccoglie un lavoro di 7 anni sulla musica classica ripresa attraverso la gestualità e le espressioni dei suoi protagonisti internazionali.
Guido Harari


Henri Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 22 agosto 1908 – L'Isle-sur-la-Sorgue, 3 agosto 2004) è stato un fotografo francese, da molti considerato «il padre del fotogiornalismo». Dopo gli studi giovanili, Henri fu presto attratto dalla pittura, grazie allo zio Louis, e comincerà i suoi studi con Jaques-Emile Blanche e André Lhote, che lo inizieranno all'ambiente dei surrealisti francesi, inizialmente disinteressato alla fotografia. Ancora nel 1930, durante il suo primo viaggio in Costa d'Avorio, non è ancora interessato alla fotografia, anche se è già munito di una macchina fotografica. Solamente nel 1931, al ritorno da quel viaggio, scatta in lui l'interesse alla continua ricerca di immortalare la realtà. È lo stesso Cartier-Bresson che ci racconta come fu una fotografia di Martin Munkacsi a convincerlo che «è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l'obiettivo». Fu così che nel 1932 comprò la sua prima macchina fotografica, una Leica 35 mm con lente 50 mm che l'accompagnerà per molti anni. Nel 1931 lavora nel cinema come assistente del regista francese Jean Renoir e, nel 1937, firma personalmente il film Return to life. Intanto, nel 1934, conosce David Szymin, un fotografo e intellettuale polacco, che più tardi cambierà nome in David Seymour (1911–1956). Diventano subito ottimi amici, hanno molto in comune culturalmente. Sarà Szymin a presentare al giovane Bresson un fotografo ungherese, Endré Friedmann, che verrà poi ricordato col nome di Robert Capa. Durante la Seconda guerra mondiale, Cartier-Bresson entra nella resistenza francese, continuando a svolgere costantemente la sua attività fotografica. Finita la guerra, ritorna al cinema e dirige il film Le Retour, documentario sul ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra "postuma", credendolo morto in guerra: si mette in contatto con il museo e dedica oltre un anno alla preparazione dell'esposizione, inaugurata il 1947. Negli anni successivi è negli Stati Uniti, dove fotografa per Harper's Bazaar. Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa Agenzia Magnum. Inizierà innumerevoli viaggi in cui farà molteplici reportage che gli daranno fama mondiale. La fotografia porta Henri in molti angoli del pianeta: Cina, Messico, Canada, Stati Uniti, Cuba, India, Giappone, Unione Sovietica e molti altri paesi. Cartier-Bresson divenne il primo fotografo occidentale che fotografava liberamente nell'Unione Sovietica del dopo-guerra {senza fonte}. Nel 1968, Henri Cartier-Bresson inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica per dedicarsi al suo primo amore artistico: la pittura, dichiarando: «In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l'unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà». Con l'unica eccezione dei ritratti. Continuerà infatti a dedicarsi ai ritratti fotografici almeno fin al 1980, anno in cui fotografa Hortense Cartier-Bresson. Nel 1979 viene organizzata a New York una mostra tributo al genio del fotogiornalismo e del reportage. Nel 2000, assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia Mélanie crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti; nel 2002 la Fondazione viene riconosciuta dallo stato francese come ente di pubblica utilità. Muore a Céreste, (Alpes-de-Haute-Provence, Francia) il 3 agosto 2004, all'età di 95 anni. Nella sua carriera ha anche ritratto personalità importanti in tutti i campi; Balthus, Albert Camus, Truman Capote, Coco Chanel, Marcel Duchamp, William Faulkner, Mahatma Gandhi, John Huston, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Robert Oppenheimer, Ezra Pound, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky. Dalla morte di Cartier-Bresson, per evitare sfruttamenti commerciali slegati dal valore artistico delle opere, la Fondazione non autorizza più alcuna stampa di fotografie del maestro, offrendo però un servizio di autenticazione di eventuali stampe in circolazione in gallerie o antiquari. In una lettera datata 30 ottobre 2000, per evitare il commercio di stampe o lo smercio di copie sottratte, lo stesso fotografo dichiarava: «Io sottoscritto Henri Cartier-Bresson, domiciliato al 198 di rue de Rivoli, Parigi, dichiaro quanto segue. Ho sempre firmato e dedicato le stampe di mie fotografie a coloro ai quali intendevo donarle; tutte le altre stampe che recano solamente timbri o etichette Magnum Photos o il mio nome, Henri Cartier-Bresson, sono di mia proprietà. Tutti coloro che detenessero queste stampe non potranno invocare la buona fede». In linea con lo spirito che scaturisce da questo scritto, nel 1985 fece dono al Comune di Tricarico, città natale del poeta Rocco Scotellaro, di 26 fotografie che oggi costituiscono il primo e fondamentale nucleo di opere che saranno esposte nel museo delle arti figurative di quella cittadina.


Nel 1916, all'età di 14 anni, durante una vacanza con la sua famiglia allo Yosemite National Park, gli viene regalata la sua prima macchina fotografica, una Kodak Brownie. La natura e la fotografia saranno da allora legate per sempre alla sua vita. La passione ambientalista traspare, peraltro, in tutte le sue opere. Nel 1919 si iscrive al "Sierra Club", una delle più antiche ed importanti organizzazioni ambientaliste americane. Poco tempo prima era guarito dall'influenza chiamata spagnola, che uccise cinquanta milioni di persone in tutto il mondo. Nel 1927 partecipa alla gita annuale del Club, nota come High Trip. In quell'anno pubblica il suo primo portfolio: Parmelian Prints of the High Sierra finanziato da Albert Bender conosciuto l'anno prima a Berkeley. Guadagnerà circa 4000 dollari. Nel 1928 diviene fotografo ufficiale del Sierra Club, ma non lascia la sua passione ambientalista e si dedica anche ad accompagnare le persone che partecipano alle escursioni, che a volte durano settimane, come assistente del direttore di gita. Lo stesso anno sposa Virginia Best, figlia del proprietario del Best's Studio che verrà ereditato dalla figlia nel 1935 alla morte del padre. Lo studio è oggi noto come Ansel Adams Gallery. Nel 1932 fonda il Gruppo f/64 allo scopo di riunire alcuni fotografi aderenti alla cosiddetta straight photography: John Paul Edwards, Imogen Cunningham, Preston Holder, Consuelo Kanaga, Alma Lavenson, Sonya Noskowiak, Henry Swift, Willard Van Dyke, ed Edward Weston. Il nome rimandava alla minima apertura del diaframma dell'obiettivo che avrebbe consentito la massima profondità di campo e la maggiore accuratezza dei dettagli. Nel 1934 entra nel Consiglio di Amministrazione del Sierra Club e ne resterà membro, insieme alla moglie, per tutta la vita. È autore di molte prime scalate sulla Sierra Nevada. Le sue fotografie sono una testimonianza di quello che erano i parchi nazionali prima degli interventi umani e dei viaggi di massa. Il suo lavoro ha sponsorizzato molti degli scopi del Sierra Club ed ha portato alla luce le tematiche ambientali. Adams ha inventato il sistema zonale, una tecnica che permette ai fotografi di trasporre la luce che essi vedono in specifiche densità sul negativo e sulla carta, ottenendo così un controllo migliore sulle fotografie finite. È anche stato un pioniere dell'idea di "visualizzazione" della stampa finita basata sui valori di luce misurati nella scena che viene fotografata. Le fotografie nel libro a tiratura limitata Sierra Nevada: The John Muir Trail, insieme alla sua testimonianza, hanno contribuito ad assicurare la designazione del Sequoia and Kings Canyon come parco nazionale nel 1940. Prese a cuore la questione dell'internamento dei nippo-americani che seguì l'attacco di Pearl Harbor, tanto che gli venne permesso di visitare il Manzanar War Relocation Center nella Owens Valley, ai piedi del Monte Williamson. Il saggio fotografico fu dapprima esposto in una mostra in un museo d'arte moderna, e più tardi fu pubblicato col titolo Born Free and Equal: Photographs of the Loyal Japanese-Americans at Manzanar Relocation Center, Inyo County, California ("Nati liberi e uguali: fotografie dei leali nippo-americani al centro di dislocamento Manzanar, Contea di Inyo, California"). Fu il beneficiario di tre borse di studio Guggenheim durante la sua carriera.[1] Fu eletto nel 1966 membro dell'American Academy of Arts and Sciences. Nel 1980 il presidente Jimmy Carter lo insignì della medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile del suo Paese.
I diritti di pubblicazione per le fotografie di Adams sono detenuti dagli amministratori dell'Ansel Adams Publishing Rights Trust. Nel 1984, il "Minarets Wilderness" dell'Inyo National Forest venne ribattezzato "Ansel Adams Wilderness". Il Monte Ansel Adams, una cima di 3.584 metri nella Sierra Nevada, venne così ribattezzato nel 1986.

Passato alla fotografia di moda, collabora con le prestigiose riviste dell'epoca. Nei primi anni sessanta si trasferisce a New York, qui svolge servizi che lo renderanno sempre più popolare e che vedono personaggi del calibro di Alfred Hitchcock posare per lui. Trascorre in questa città pochi anni per poi tornare a Parigi.
Il suo nome viene legato alla fotografia di nudo. Anche in questo campo artistico, come negli altri, Sieff fa molto uso dell'obiettivo grandangolare spinto che conferisce un'impronta unica ed inconfondibile al suo stile ironico e mai volgare. Attori, politici ed artisti hanno posato per lui. La luce morbida che illumina il viso, mentre il resto dei dettagli perde importanza, caratterizzano queste immagini. Tipica la vignettatura ottenuta in fase di stampa, procedimento che spesso il fotografo curava in prima persona. A completezza artistica vengono i paesaggi immortalati dall'autore, celebri quelli della Valle della Morte ripresi nel 1977. Sieff è stato un importante riferimento per moltissimi fotografi, la sua visione particolare attraverso il grandangolo ha influenzato l'approccio all'immagine di tanti artisti, specialmente a partire dagli anni settanta-ottanta. Nella famiglia Sieff la tradizione viene proseguita dalla moglie, Barbara Rix, e dalla figlia Sonia Sieff.

VIDEO:
Maurizio Galimberti al lavoro con Polaroid.
Maurizio Galimberti interpreta Cesare Cremonini
Maurizio Galimberti all Mostra del Cinema 2009

Guido Harari